Campoantigu, tra storia e leggenda
- Paolo Brassesco
- 13 mar
- Tempo di lettura: 4 min
Il misterioso paese scomparso di Campoantigu
Lasciamo le Pese e spostiamoci sull’altro versante della Valle, tra Porcile, Caselline e Pareto, per provare a ricostruire quel poco che è giunto fino a noi di un altro paese scomparso, Campo Antico.
La narrazione popolare vuole che 𝐶𝑎𝑚𝑝𝑢 𝐴𝑛𝑡𝑖𝑔𝑢 emerga dalle nebbie ogni cinquant’anni, per poi scomparire, come scomparve, inghiottito dalla frana che lo travolse.
Una leggenda che cela fondi di verità custoditi da documenti storici che ben raccontano della sua storia e il motivo del suo abbandono.
A beneficio di chi non conoscesse la corretta posizione, il paese probabilmente sorgeva in luogo piuttosto favorevole, sotto diversi punti di vista.
Situato quasi in testata alla valletta del rio Pareto, a circa mille metri di altitudine, esposto a sud e protetto dai freddi venti settentrionali dai monti Carmo (1325 m.) Pareto (1107 m.) Rinudo (1254 m.) e Alpisella (1155 m.), vicino ad uno dei principali assi viari della sponda destra della Val Brevenna, la via di crinale che sale verso l’Antola, da dove dipartono le direttrici che scendono nelle vallate circostanti (Val Vobbia e Scrivia, Alta Borbera e Trebbia), financo alla Pianura Padana. Ancora oggi sono rinvenibili le tracce delle mulattiere che lo univano ai vicini Porcile, Caselline e Pareto, nonché al collegamento con la dorsale principale accennata. A breve distanza dai pascoli montani delle Casermette, del Busco e del Proserrone, in una zona di abbondanti acque sorgive, tutte condizioni idonee per un antico insediamento, come testimoniamo il ritrovamento di alcuni resti di cocci e tegoloni romani collocabili al periodo del tardo Impero, rinvenuti a cavallo degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.
D’altra parte gli archivi stessi collocano la presenza di Campo Antico già nel XIII secolo, tanto da essere citato per la prima volta in un documento risalente al 17 maggio 1253, in cui compare un certo 𝑒𝑛𝑟𝑖𝑐𝑢𝑠 𝑑𝑒 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑜 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑣𝑜𝑙𝑖.
In epoca successiva, in un lodo del 1569 redatto davanti a Francesco Fieschi fu Ettore, il territorio di pertinenza di Campo Antico è indicato “𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑑𝑎 𝑃𝑜𝑟𝑐𝑖𝑙𝑖𝑠 𝑒 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐ℎ𝑖 𝑣𝑖𝑑𝑒𝑙𝑖𝑐𝑒𝑡 𝑖𝑛𝑡𝑟𝑎 𝑓𝑙𝑢𝑚𝑒 𝐵𝑟𝑒𝑣𝑒𝑛𝑛𝑖, 𝑟𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑃𝑒𝑛𝑑𝑒𝑠𝑖𝑠 𝑒 𝑟𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑃𝑎𝑟𝑒𝑡𝑖 ” ossia, assieme a quello di Porcile, compreso, da est a ovest, tra il rio della Pendiesa, il ruscello poco prima di Porcile e che discendendo a valle sbocca nel Brevenna nei pressi dell’attuale piscina comunale, e il rio di Pareto, con il confine meridionale che correva lungo il tratto del torrente compreso tra le due foci dei rivi citati.
Il fatto stesso che il suo territorio fosse così vasto, detta l’importanza che questa villa ebbe in passato.
A conferma un prezioso documento del 15 novembre 1764, vertente su una lite tra il parroci di Pareto e di Clavarezza per questioni di confini parrocchiali. Sono chiamati a testimoniare tre teste, due di Porcile e uno di Pareto, i quali affermano che “𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑒 𝑑𝑢𝑒 𝑣𝑖𝑙𝑙𝑒 [Porcile e Caselline] 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑖 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑖 𝑎𝑛𝑑𝑎𝑡𝑖 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑜𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖 𝑚𝑎 𝑝𝑜𝑖 𝑔𝑖𝑎̀ 𝑑𝑎 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑢𝑏𝑖𝑎𝑡𝑎, 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑙𝑒 𝑚𝑒𝑚𝑜𝑟𝑖𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟 𝑛𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑛: 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑎𝑐𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎𝑐𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑖𝑢𝑡𝑎 𝑑’𝑎𝑏𝑖𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑒 𝑑𝑖𝑜 𝑝𝑜𝑝𝑜𝑙𝑜 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑝𝑜𝑟𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑛𝑒 𝐶𝑎𝑝𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖𝑜 𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝐶𝑎𝑝𝑜 𝑓𝑢 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑎𝑡𝑎 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑒 𝑐𝑢𝑟𝑖𝑒 𝑑𝑖 𝑆𝑎𝑣𝑖𝑔𝑛𝑜𝑛𝑒, 𝑇𝑜𝑟𝑟𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎 𝑒 𝑀𝑜𝑛𝑡𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜”.
Considerati i documenti citati, non è irragionevole supporre che Campo Antico, al pari di Pareto, potesse rappresentare il centro feudale della zona in cui sorgeva.
In realtà, già attorno agli anni trenta del XVII secolo, Campo Antico appare come una borgata avviata al crepuscolo. In un documento del 1630 si accenna che “𝑝𝑖𝑢̀ 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑒𝑟𝑖𝑡𝑎𝑣𝑎 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑚𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑖 𝑠𝑖 𝑑𝑎 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑙𝑙𝑎, 𝑛𝑜𝑛 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑛𝑑𝑜𝑣𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑐𝑎𝑠𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑒 𝑑𝑎 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑎𝑙𝑎𝑡𝑒, 𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑒 𝑠𝑖𝑐𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑎 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑙𝑙𝑎 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎, 𝑠𝑖𝑡𝑢𝑎𝑡𝑒 𝑓𝑟𝑎 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑃𝑜𝑟𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝐶𝑎𝑠𝑒𝑙𝑙𝑒𝑡𝑡𝑒, 𝑖𝑙 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑖𝑣𝑖𝑠𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑃𝑎𝑟𝑒𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑟𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑒 𝑑𝑖 P𝑎𝑟𝑒𝑡𝑜, 𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑖 𝑃𝑜𝑟𝑐𝑖𝑙𝑒”.
Ciò parrebbe confermato dai registri dei battesimi della parrocchia, tanto che l’ultimo atto annotato risale al 26 ottobre del 1651, con la nascita di Niccolò, figlio di Antonio e Pellegrina, coniugi Campoantico. Il paese sembrerebbe comparire per l’ultima nell’Archivio in un atto di battesimo datato 3 gennaio 1669, di una bimba nata a Caselline, Pellegrina Firpo, con padrino Pantaleo, figlio di Lorenzo Campoantico. Un declino demografico inarrestabile, tanto che dallo lo Status Animarum della parrocchia del 1669, sono segnate solamente due famiglie stabili, di cognome, ç𝑎 𝑣𝑎 𝑠𝑎𝑛s 𝑑𝑖𝑟, Campoantico, per un totale di appena sette persone.
Già, ma che fine fece questo abitato?
Non vi è dubbio che venne abbandonato a seguito di importante movimento franoso (𝑠𝑐𝑜𝑠𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎 secondo i documenti dell’epoca) del rilievo soprastante. Incerta è la data, collocabile probabilmente nel XVII secolo. Di certo è che gli abitanti lasciarono il paese in favore del sottostante Caselline, vendendo progressivamente i propri possedimenti per poi scomparire definitivamente. Tuttavia, nella carta della Val Brevenna, commissionata dal Conte Fieschi all’ingegnere Codeviola nel 1760, vengono ancora indicate la presenza di due case : "𝐶𝑎𝑠𝑎 𝑑𝑖 𝐺𝑖𝑜 𝐵𝑎𝑡𝑡𝑖𝑠𝑡𝑎 𝐹𝑖𝑟𝑝𝑜 𝑑𝑖 𝑃𝑜𝑟𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑖𝑛 𝐶𝑎𝑚𝑝𝑜𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑜" e " 𝐶𝑎𝑠𝑎 𝑑𝑖 𝑃𝑎𝑠𝑞𝑢𝑎𝑙𝑖𝑛𝑜 𝑆𝑎𝑟𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑃𝑎𝑟𝑒𝑡𝑜 𝑖𝑛 𝐶𝑎𝑚𝑝𝑜𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑜 " evidentemente abbandonate in un secondo momento.
Diradate le nebbie della storia, cosa rimane di Campo Antico?
Nelle carte militari dell’Istituto Geografico Militare, redatte negli anni Trenta del Novecento, è segnalato un rudere nella zona interessata dalla frana che ancora oggi sfregia il monte.
In ultimo, nella toponomastica attuale, la strada comunale di collegamento tra Porcile e Pareto e che transita ai piedi della frana dove probabilmente si trovava il paese, è ancor oggi, ufficialmente, denominata, Via Campo Antico.
Fonti: ricerche personali in archivio Parrocchiale di Pareto;
“I Fieschi e la Valbrevenna” di Giovanni Battista Crosa di Vergani, Sagep, ed. 2023;
“Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia” di Arturo Ferretto, 2 v., Pinerolo – Asti, Tipografia Brignolo, 1909.
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